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Sardegna, via libera al progetto per trasformarla in un'isola elettrica
di Massimiliano Zocchi pubblicata il 23 Febbraio 2022, alle 12:35 nel canale Energie RinnovabiliLa Sardegna entrerà presto in una fase di transizione, per abbandonare le energie fossili, e passare alle rinnovabili, e diventare un'isola elettrica, sia a livello industriale che civile
25 Commenti
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La implementamo (in parte)
MA
poi passiamo tutto ad elettrico per incrementare ancora di più i consumi.
Tutto questo eolico sardo verrà collegato a un cavo che arriverà a Trapani e servirà ad alimentare altre realtà. Di fatto in Sardegna non resterà quasi nulla.
Peggio: l'onshore verrebbe attuato aprendo un dedalo di nuove strade in aree di grande pregio ambientale (gran parte della Sardegna è così, ospita la maggiore biodiversità d'Italia a parità di superficie), andando potenzialmente in conflitto anche col nuovo osservatorio in progettazione nel nuorese, che risente fortemente dell'impatto dell'eolico nel raggio di diverse decine di km. Motivo per cui in Sardegna questi progetti sono osteggiati profondamente.
Offshore invece potrebbero sorgere alcuni mega-parchi eolici, che dovranno poi essere collegati alla terraferma da un reticolo di cavi sottomarini che andranno a devastare le praterie di posidonia, che in Sardegna godono di una salute migliore rispetto a molte altre zone d'Italia. Posidonia che, è bene ricordarlo, guarda caso è proprio un eccellente catturatore e fissatore di carbonio.
Insomma, sempre la solita questione ideologica: spostare gli inquinamenti e gli impatti, non risolverli.
Il progetto è ancora sulla carta, i dettagli tecnici penso li conoscano solo gli addetti ai lavori ..e tu già ci parli di aree di pregio ambientale potenzialmente in conflitto con il territorio, di devastazione di aree sottomarine..
Quello che invece è certo e cioè che il carbone è il più inquinante tra i metodi per produrre energia: quell'inquinamento quindi sarebbe bene accetto? Le centrali a carbone non le osteggia nessuno?
Parlo perché conosco l'importanza ecologica e gli impatti sulla Posidonia, dato che me ne occupo da anni, a differenza di tanti altri anche che si autoproclamano "ecologisti" e non conoscono spesso neppure la differenza fra ecologia ed ecologismo. Le aree di massima sono già conosciute in realtà, specialmente per l'offshore: se anche ci fosse uno scarto di 20 km o anche 30 km dalle aree indicate, il risultato non cambia affatto, perché la prateria di Posidonia circonda quasi tutta la Sardegna. Anche avendo bozze e idee di massima poi, la tecnica per questi parchi offshore basati sull'ancoraggio è sempre la stessa e da lì non si scappa, al netto di qualche variazione sul tema.
Per l'onshore invece, sono state individuate alcune aree candidate: tutte presentano criticità.
Io le centrali a carbone le osteggio, ma se la soluzione è operare altri danni, dov'è il beneficio? A maggior ragione se si va a intaccare un ecosistema fra i più efficienti nello stoccaggio del carbonio per il passaggio definitivo dalla biosfera alla litosfera (sequestro di carbonio che negli ecosistemi marini è sempre più efficiente di quelli terrestri).
Per l'onshore invece, sono state individuate alcune aree candidate: tutte presentano criticità.
Io le centrali a carbone le osteggio, ma se la soluzione è operare altri danni, dov'è il beneficio? A maggior ragione se si va a intaccare un ecosistema fra i più efficienti nello stoccaggio del carbonio per il passaggio definitivo dalla biosfera alla litosfera (sequestro di carbonio che negli ecosistemi marini è sempre più efficiente di quelli terrestri).
Continui a fare affermazioni che rimangono solo tue considerazioni..
Non ci fai leggere nulla di specifico sulle criticità di cui parli..
Solito insomma..
Almeno ogni tanto metti un "secondo me" nei tuoi discorsi, oppure condividi con noi i documenti che mostrano i disastri di cui scrivi con riferimento specifico all'implementazioni delle rinnovabili in Sardegna
Chiedi documenti sull'implementazione delle rinnovabili in certi siti? Purtroppo posso risponderti semplicemente: frequenta un corso di laurea 3+2 in scienze della natura possibilmente in Sardegna (dove si studiano estensivamente proprio gli ecosistemi sardi), indirizzandoti in ecologia, e fatti un'idea a 360° sull'ambiente, sulla pedologia e sull'ecologia, così puoi desumere tutte le informazioni che ti servono. E' generica come risposta? Lo so benissimo purtroppo, ma a chi è nel campo non sfugge affatto che certi impatti vengono fortemente sottovalutati.
Abbi pazienza, ribadisco che non ho nulla contro di te ..ma secondo me sono tesi insostenibili le tue. Non ti basterebbero gli studi di cui parli perché cmq non sai a priori come verranno eseguite le installazioni e di conseguenza non puoi conoscerne gli effetti..
Oltre a quanto ho scritto, ti ricordo che le nuove normative introdotte per aggirare il problema dei permessi (QUI), prevedono che siano le regioni stesse ad individuare aree idondee all'installazione dei nuovi impianti (hanno 6 mesi di tempo), quindi stai tranquillo che viene dato tempo e modo alle autorità regionali di gestire al meglio i propri territori
Beh dai, ci mancherebbe...
Spero che tengano di conto tutte le criticità allora. Il fatto è che già con le rinnovabili si son visti disastri in passato, per giunta spesso attorno a queste girano montagne di soldi erogate a società dall'affidabilità e onestà dubbia. Insomma continuo ad avere i miei dubbi, rafforzati dall'esperienza, a maggior ragione in questo periodo di frenesia. Inoltre, finora non si conta nel costo totale (e quindi nel bilancio anche delle società appaltatrici) il conto per lo smantellamento delle centrali a fine ciclo, ossia mediamente dopo trent'anni circa di utilizzo; costi che sono persino più alti di quelli dell'installazione e che spesso ricadono poi sul pubblico... oppure si lasciano in piedi pale sempre più fatiscenti nel rimpallo di responsabilità. Un ulteriore danno ambientale, per altro.
dovremo saper bilanciare le due cose perché purtroppo le rinnovabili presentano un consumo di suolo notevole dato dalla bassa densità di produzione del singolo impianto.
riempire il Sahara di pannelli non servirebbe a molto perché non sapresti come portare poi l'energia in Europa nei paesi più energivori (il trasporto via cavo elettrico ha delle perdite di efficienza che aumentano all'aumentare delle distanze). mentre per alimentare i consumi delle città del nord Africa potrebbe essere una buona idea.
potremmo fare dei tubi in materiale isolante, riempirli di acido solforico e usare l'acido come cavo conduttore. E' la sostanza con meno resistenza elettrica a temperatura ambiente.
Tornando seri, esistono cavi in grado di avere perdite inferiori all'1% dopo migliaia di km, ma sono molto costosi, non tanto nei materiali, ma nella struttura. In paco parole si trata di condutture costituite da migliaia di cavi in parallelo a sezione molto piccola ognuno isolato e intrecciato con gli altri.
In ogni caso non confondere la perdita elevata nei cavidotti aerei che sono cavi scoperti, dai cavidotti sottomarini che sono cmq coperti, usare i cavi coperti anche per le tratte aeree renderebbe cmq accettabile la perdita in migliaia di km, ma i costi sono superiori
1) I materiali per realizzarli non si formano per partenogenesi ma vanno tutti estratti, lavorati, trasportati; e non ce ne sarebbero mai abbastanza.
2) I pannelli dovrebbero essere sottoposti a un controllo e una manutenzione costanti, per via dell'enorme quantità di sabbia presente, che si accumula ovunque facendo crollare le rese, oltre che danneggiare tutte le superfici stesse.
3) Il Sahara è un ecosistema non meno delicato di altri, che beneficia di fenomeni fisici e chimici particolarmente delicati, come le cripto-precipitazioni, le dinamiche eoliche che permettono ad alcune forme di vita di prosperare, le caratteristiche dei suoli e dei paleosuoli lì presenti, eccetera; pensare che il deserto sia "deserto" è una concezione ottocentesca (o forse persino più antica).
bassa densità abitativa che fa in modo che il consumo delle grandi aziende e delle infrastrutture pubbliche venga suddiviso su meno persone?
può darsi ma significa anche che comunque una certa quantità di industrie energivore debbono esserci, perché ad esempio alcune regioni del nord italia pur essendo densamente abitate presentano un tessuto industriale e dei servizi molto più sviluppato di quello sardo.
probabile che la sua incidenza l'abbia anche il settore siderurgico che è fra i più energivori.
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