Un enorme giacimento di fosfati in Norvegia rende la UE meno dipendente da Cina e Russia
di Giulia Favetti pubblicata il 06 Luglio 2023, alle 17:08 nel canale BatterieUna società mineraria con sede in Norvegia ha concluso con successo la sua esplorazione di un giacimento di fosfato, affermando che la dimensione del giacimento è sufficiente a soddisfare la domanda globale di fosforo in batterie e pannelli solari per almeno mezzo secolo
Il 2023 potrebbe essere l'anno dell'Unione Europea: dopo la scoperta del gigantesco deposito di terre rare a Kiruna, in Svezia, da parte del gruppo minerario Lkab, avvenuta a gennaio, e i recenti dati riguardanti l'esponenziale crescita delle FER in diversi stati membri (Germania, Irlanda, Portogallo ed Italia), a fine giugno ha iniziato a circolare la notizia di un altro giacimento di importanza strategica per il futuro verde del Vecchio Continente.
Stavolta non si tratta di terre rare, bensì di materie prime critiche (qui l'articolo che abbiamo dedicato alle due liste): l'azienda mineraria norvegese Norge Mining ha reso pubblica la scoperta di un immenso deposito di roccia fosfatica di altissima qualità situato nella regione sud-occidentale della Norvegia.
Secondo le stime della società, il deposito potrebbe contenere fino a 70 miliardi di tonnellate di roccia fosfatica, essenziale nella produzione di fosforo per i fertilizzanti, delle batterie LFP (Litio-Ferro-Fosfato), oltre che largamente utilizzata anche per i pannelli solari.
Tale quantitativo, cui si aggiungono anche depositi di minerali strategici come il titanio e il vanadio, sarebbe in grado di soddisfare la domanda mondiale di batterie, pannelli solari e fertilizzanti per almeno 50 anni (non 100, come precedentemente affermato).
A rendere la scoperta norvegese importante non è solo la quantità - che lo rende il più grande giacimento di fosfato al mondo (superando quelli marocchini "fermi" a 50 miliardi di tonnellate, cui segue quello cinese, 3,2 miliardi di tonnellate, egiziano, 2,8 miliardi di tonnellate, e algerino, 2,2 miliardi) – ma la qualità "altissima" delle sue risorse.
Secondo Michale Wurmster, il fondatore di Norge Mining, "La Norvegia sarà in grado di osservare standard ambientali più severi nell'estrazione e nella raffinazione dei minerali rispetto agli asiatici", ad esempio limitando le emissioni di CO₂ con una tecnologia di cattura e stoccaggio del carbonio.
Al momento, infatti, la raffinazione del fosfato, che richiede un largo impiego di carbonio, avviene in Asia, divisa tra Cina, Vietnam e Kazakistan.
Fino a poco fa era la Russia a detenere il controllo sui più grandi depositi di roccia fosfatica ultrapura del mondo, sollevando preoccupazioni per l'elevato rischio di approvvigionamento associato a queste materie prime critiche.
La rivista scientifica Nature, fra il 2022 e il 2023, ha pubblicato due articoli inerenti alla scarsità di questa materia prima critica, citando l'invasione russa dell'Ucraina e le successive sanzioni economiche come fattori che potrebbero portare alla volatilità del mercato e a stravolgere gli equilibri di potere.
Come avvenuto a gennaio per il giacimento di terre rare svedese, la grande importanza strategica di questo rinvenimento ha portato il governo locale a valutare la possibilità di accelerare lo sviluppo di un'enorme miniera in Helleland.
Il completamento dell'analisi su 47 miglia (~ 75 km) di carotaggi di perforazione determinerà se il progetto riceverà l'approvazione, con la prima grande miniera che potrebbe iniziare le operazioni entro il 2028, ha comunicato Jan Christian Vestre ministro norvegese del commercio e dell'industria.
Norge Mining ha inizialmente scoperto la miniera nel 2018, aspettando l'ottenimento di tutti i permessi per avviare la produzione mineraria prima di diffondere la notizia.
30 Commenti
Gli autori dei commenti, e non la redazione, sono responsabili dei contenuti da loro inseriti - infoE che quindi, dovevamo per forza legarci a paesi esteri, spesso politicamente ostili, per le risorse.
Con la fine forzata della Globalizzazione, causata dalla guerra in Ucraina e dalla crisi di Taiwan, costretti a "fare da soli", improvvisamente ci riscopriamo ricchi di risorse e di modi alternativi per il nostro sostentamento. Cosi, per miracolo, all'improvviso.
Si...
Questi non fanno i conti con i NIMBY (che non esistono in Cina e Russia)....Aspetta e vedrai... se poi partissero le miniere anche in Italia.... da ridere ...
Di miniere non me ne intendo nulla, ma do per scontato che, essendo quasi nel 2030, ci siano tecniche\tecnologie che limitino l'impatto ambientale.
Noi siamo abituati a vedere le miniere in Cina, disastrose a livello ambientale. Ma quelle le fanno i cinesi.
Capace in Europa, fatte dagli europei, vengono meglio
Comunque sia qui si parla della necessità, vitale e improrogabile, di smettere da dipendere da paesi che vogliono sotterrarci, per roba che abbiamo in casa nostra, più e meglio di loro.
E che quindi, dovevamo per forza legarci a paesi esteri, spesso politicamente ostili, per le risorse.
Con la fine forzata della Globalizzazione, causata dalla guerra in Ucraina e dalla crisi di Taiwan, costretti a "fare da soli", improvvisamente ci riscopriamo ricchi di risorse e di modi alternativi per il nostro sostentamento. Cosi, per miracolo, all'improvviso.
Questo commento fa acqua da tutte le parti:
30 anni fa le risorse considerate strategiche erano completamente diverse da quelle di adesso (non a caso, come ho scritto nell'articolo sulle terre rare e le materie prime critiche, la lista delle seconde è regolarmente aggiornata).
30 anni fa il fosfato veniva usato per i fertilizzanti: le batterie LFP non esistevano nemmeno nella mente di chi le ha create - anzi, chi le ha create non era ancora nato/a - e i pannelli solari non erano importanti tanto quanto ora.
L'Europa è anche nel 2023 priva di gas naturale, petrolio e carbone (escludendo le miniere in Scozia), quindi a cambiare non sono state le risorse che abbiamo, ma i nostri bisogni e - di conseguenza - le materie che ci servono.
Davvero?
E allora come mai in Germania continuano ad ampliare le miniere di lignite e a puntare sul carbone?
https://www.rinnovabili.it/energia/...rbone-germania/
https://www.semprenews.it/news/Germ...di-carbone.html
30 anni fa le risorse considerate strategiche erano completamente diverse da quelle di adesso (non a caso, come ho scritto nell'articolo sulle terre rare e le materie prime critiche, la lista delle seconde è regolarmente aggiornata).
30 anni fa il fosfato veniva usato per i fertilizzanti: le batterie LFP non esistevano nemmeno nella mente di chi le ha create - anzi, chi le ha create non era ancora nato/a - e i pannelli solari non erano importanti tanto quanto ora.
L'Europa è anche nel 2023 priva di gas naturale, petrolio e carbone (escludendo le miniere in Scozia), quindi a cambiare non sono state le risorse che abbiamo, ma i nostri bisogni e - di conseguenza - le materie che ci servono.
Parlare di "bisogni" in senso astratto rischia di essere fuorviante.
Il "bisogno" che ha mosso la globalizzazione, con la relativa esternalizzazione di gran parte dei processi estrattivi e manifatturieri più impattanti, era sostenere i profitti aziendali.
L'etica dei bisogni, associata al credito al consumo, è stata una narrazione utile a far digerire alle popolazioni (formate in gran parte da lavoratori dipendenti) l'imposizione che il loro impoverimento netto era cosa buona e giusta.
Oggi, invece, causa venir meno delle condizioni di profitto che hanno caratterizzato gli ultimi decenni, suona il contrordine generale. La narrazione, tuttavia, è assai più debole è meno sostenibile di quella che ha accompagnato la deindustrializzazione degli ultimi 30 anni.
30 anni fa le risorse considerate strategiche erano completamente diverse da quelle di adesso (non a caso, come ho scritto nell'articolo sulle terre rare e le materie prime critiche, la lista delle seconde è regolarmente aggiornata).
30 anni fa il fosfato veniva usato per i fertilizzanti: le batterie LFP non esistevano nemmeno nella mente di chi le ha create - anzi, chi le ha create non era ancora nato/a - e i pannelli solari non erano importanti tanto quanto ora.
L'Europa è anche nel 2023 priva di gas naturale, petrolio e carbone (escludendo le miniere in Scozia), quindi a cambiare non sono state le risorse che abbiamo, ma i nostri bisogni e - di conseguenza - le materie che ci servono.
Ben detto! Soprattutto la maggiore domanda rende conveniente l'estrazione dove prima non lo era perchè il prezzo era troppo basso.
La stessa ragione per la quale aveva perfettamente senso chiudere l'estrazione di gas nell'Adriatico. Non è detto che se c'è un giacimento questo valga SEMPRE la pena di essere sfruttato. Dipende dalle condizioni di mercato.
Resta sempre poi il problema della raffinazione di questi materie prime ammesso che sia conveniente estrarle.
Il "bisogno" che ha mosso la globalizzazione, con la relativa esternalizzazione di gran parte dei processi estrattivi e manifatturieri più impattanti, era sostenere i profitti aziendali.
I bisogni sono abbastanza concreti senza menare il can per l'aia.
Dobbiamo fare la transizione energetica, ci servono le materie prime prime per farlo.
Il mondo gira sul mercato e sul profitto. Se le produzioni si sono spostate è perchè esiste una cosetta che si chiama "vantaggio comparato".
Noi dobbiamo crescere migliorando produttività e efficienza ovvero produrre bene che il mercato vuole pagare bene se vogliamo mantenere la nostra ricchezza, altriemnti questa andrà da qualche altra parte.
Se rimaniamo ancora a categorie ottocentesche che hanno fallito sempre ovunque e comunque...non se ne esce.
Nei paesi asiatici qualcuno potrebbe non essere d'accordo visto la percentuale di popolazione che circa 750 milioni di persone sono uscite dalla povertà in poco meno di trent’anni solo in Cina.
Semmai grazie alla globalizzazione c'è stata una redistribuzione mondiale della ricchezza.
Il reshoring e il decoupling per scopi strategici visto che le forniture di materie prime possono essere utilizzate in modo offensivi in scenari di guerra ibrida.
Cmq sarà solo un fenomeno parziale.
Dobbiamo fare la transizione energetica, ci servono le materie prime prime per farlo.
Il mondo gira sul mercato e sul profitto. Se le produzioni si sono spostate è perchè esiste una cosetta che si chiama "vantaggio comparato".
Noi dobbiamo crescere migliorando produttività e efficienza ovvero produrre bene che il mercato vuole pagare bene se vogliamo mantenere la nostra ricchezza, altriemnti questa andrà da qualche altra parte.
Se rimaniamo ancora a categorie ottocentesche che hanno fallito sempre ovunque e comunque...non se ne esce.
Non mi pare che i bisogni della stragrande maggioranza dei lavoratori dipendenti siano "concretamente" coincidenti con quelli dei ceo, dei consigli di amministrazione e degli azionisti maggiori delle grandi aziende. Gli esempi in questo senso si sprecano e sono riassumibili nel termine "diseguaglianze" che non fanno che crescere da decenni alle nostre latitudini.
Semmai grazie alla globalizzazione c'è stata una redistribuzione mondiale della ricchezza.
Il Paese asiatico che citi è fondamentalmente uno, la Cina, governato da un sistema che non assegna predominanza assoluta a mercato e profitto, ma ne sfrutta diverse caratteristiche nel tentativo, ricco di contraddizioni oltre che di risultati, di conseguire avanzamenti generali per il contesto socio-economico locale.
Nell'Occidente non si vede nulla di tutto ciò da 30 anni, la situazione generale è abbastanza esplicita in merito.
Cmq sarà solo un fenomeno parziale.
L'unica strategia alla base di quei fenomeni è non accettare la fine di un ciclo che postulava la sudditanza perpetua per le aree economiche cosiddette "in via di sviluppo".
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