StellantisCATL
Stellantis e CATL: joint venture per costruire un impianto di batterie LFP da 50 GWh e a zero emissioni di carbonio in Spagna
di Rosario Grasso pubblicata il 10 Dicembre 2024, alle 16:51 nel canale BatterieStellantis ha annunciato una nuova joint venture con CATL, il più grande produttore di batterie al mondo, per costruire un impianto su larga scala di batterie al litio ferro fosfato (LFP) in uno dei siti di produzione già esistenti di Stellantis
18 Commenti
Gli autori dei commenti, e non la redazione, sono responsabili dei contenuti da loro inseriti - infoVolete la pace o il condizionatore? Docet...
perdona l'ignoranza ma cosa c'entrano i dazi col costruire una gigafactory in spagna? i dazi mi pare abbiano proprio lo scopo di spostare la produzione in europa
Occhio e croce non credo che in spagna le elettriche vadano molto meglio che in Italia, le motivazioni economiche (incentivi, politiche fiscali, ecc) hanno un peso maggiore nella scelta.
Volete la pace o il condizionatore? Docet...
La Spagna era contraria, ma non può decidere di non applicare i dazi.
Parlando solo del 2000-2021 (prima del fit for 55)
Link ad immagine (click per visualizzarla)
Parlando solo del 2000-2021 (prima del fit for 55)
Link ad immagine (click per visualizzarla)
Vero, verissimo!!
Il perchè è presto detto: costi dell'energia alti; costo del lavoro elevato in base alla produttività oraria; costi della logistica/trasporti elevati ( nel 2000 la logistica italiana non era nemmeno una barzelletta ); ingerenze e pressioni politiche per la realizzazione degli impianti produttivi in zone geografiche lontane dai mercati di riferimento e scarsamente servite dai trasporti ( Melfi, per esempio, è stata ed è ancora in parte, una cattedrale nel deserto così come la Sevel di Atessa ). Inoltre la politica ha la grossa colpa di non aver mai fatto politiche strategiche per agevolare e consolidare l'industria auto e tutta la sua filiera.
La transizione all'elettrico, visti gli alti costi d'investimento e la marginalità praticamente azzerata, ha ulteriormente amplificato queste storture tutte italiane.
In più c'è l'eredità Fiat/FCA che ha preferito produrre vetture a basso valore aggiunto e bassi margini, campando di aiuti statali, cassa integrazione, sovvenzioni e commesse statali.
Ergo in Italia di macchine ne verranno costruite sempre meno, a meno che non si rivoluzioni completamente il settore da cima a fondo, e di elettriche nessuna!!
Sostanzialmente l'auto italiana è finita, eccezion fatta per i marchi sportivi e di lusso: Ferrari, Maserati ( se riusciranno a risollevarla ), Lamborghini e Pagani.
Per tutto il resto, se andrà bene, in Italia verrà assemblato qualche modello Stellantis a basse tirature e fine!!
In Germania il problema sta' arrivando giusto qualche anno dopo, ma farà il botto più forte.
Il problema della produzione e della vendite di auto ha radici lontane, ma esplode ora perché i produttori europei ed americani hanno un altra concorrenza: quella cinese.
Non dimentichiamoci degli anni '80 in cui si sono lamentati della concorrenza "scorretta" dei produttori giapponesi e nel '90 dei coreani. Già dimenticati i dazi?
I nodi vengono al pettine.
Tra X anni i cinesi delocalizzeranno anche la produzione delle auto in Africa, nascerà un produttore locale che gli farà le scarpe, e saranno loro a lamentarsi della concorrenza sleale.
Il mondo và così, piagnucolare e battere i piedi i a terra, non serve a nulla.
Dazi alle auto elettriche cinesi? Alla fine degli stock in Europa, riempiti prima dell'entrata in vigore, esporteranno le nuove ibride plugin non soggette. Leggervi i modelli in arrivo. Fino al nuovo cambio di legge.
Aggiornano i dazi? Nuovi contro dazi, ma la produzione europea non cambierebbe di una virgola, anche se togliessero il limite del 2035. E questo lo sanno bene anche i produttori europei, che vogliono rivedere le sanzioni, solo quelle interessano davvero.
Anzi se vogliamo essere pignoli anche gli step da Euro 4 ad Euro 6 per i motori termici hanno contribuito ad aumentare parecchio i prezzi delle vetture visti i costi maggiori per i motori.
I dazi americani contro le Japan Car a metà anni '80... Diciamo che sono serviti indirettamente visto che Honda e Toyota aprirono i loro stabilimenti inbound ed " insegnarono " agli Yankees a sviluppare e costruire macchine moderne e più efficienti rispetto ai carcassoni bevi benzina che stavano producendo dagli anni '50 senza grossi cambiamenti. Più o meno la stessa cosa è accaduta con le coreane che comunque all'inizio erano qualitativamente inferiori e con un design imbarazzante anche per gli standard USA.
Altro che euro 4. I produttori europei già piangevano miseria quando hanno introdotto il catalizzatore negli anni '90.
Tutti passaggi di classe Euro sono stati osteggiati, con pesanti trattative prima della loro introduzioni. Potremmo restare con le Euro 0, per quanto li riguarda.
I produttori giapponesi e coreani hanno prima aperto gli stabilimenti in Europa e Usa, ma molti li hanno successivamente chiusi, al primo segnale di scarsa redditività.
Costo elevati, si và altrove.
Così come hanno fatto americani ed europei.
E stanno facendo tutt'oggi.
Le prime coreane erano qualitativamente scarse? Vogliamo parlare delle giapponesi anni '70?
Ma vogliamo parlare delle porcherie made in Usa?
La produzione europea, tutta così "fantastica"?
Si parla della qualità delle auto cinesi, oggi.
Prendine una di 5 anni fa', poi una attuale.
Ne riparliamo della qualità tra 5 anni.
Francamente mi hanno rotto i piagnistei di cosiddetti imprenditori che parlano di mercato libero quando loro sono stati i primi a sfruttarlo. Ora gli altri sono quelli sleali.
La Spagna ha espresso la sua contrarietà ai dazi sulla Cina la quale ha scelto di investine in un paese meno ostile.
Se continuiamo a sfanculare la Cina non possiamo poi lamentarci se vanno a investire (e portare lavoro) altrove.
Devi effettuare il login per poter commentare
Se non sei ancora registrato, puoi farlo attraverso questo form.
Se sei già registrato e loggato nel sito, puoi inserire il tuo commento.
Si tenga presente quanto letto nel regolamento, nel rispetto del "quieto vivere".