Piantare alberi nelle città è davvero la risposta ai problemi climatici?

di pubblicata il , alle 08:41 nel canale Mercato Piantare alberi nelle città è davvero la risposta ai problemi climatici?

Il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin ha dichiarato che saranno piantati oltre 6 milioni di fusti in 14 centri italiani nei prossimi anni: ma è davvero la mossa più utile per combattere il riscaldamento globale?

 

Fra le tante proposte per contrastare il riscaldamento globale, l'evergreen è sempre uno: piantare alberi.

L'affermazione ha perfettamente senso da qualsiasi punto di vista: gli alberi convertono CO2 in ossigeno, trattengono il terreno durante le piogge, offrono riparo ad altre creature aumentando la biodiversità, se opportunamente ripiantati permettono di produrre legname come risorsa rinnovabile, e così via.

Dallo scorso anno, precisamente da ottobre 2021, quando a Roma si tenne il G20, sappiamo anche quanti alberi servirebbero: mille miliardi di fusti.

Ma a una conditio sine qua non: pianificare la loro piantumazione.

Lo scorso 21 settembre, in occasione della Giornata nazionale degli alberi, il ministro dell'Ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin ha affermato che "Gli alberi hanno un grande e positivo impatto sull’ambiente delle nostre città: sono un valore da difendere e rafforzare. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza prevede che nei prossimi tre anni siano distribuite 6,6 milioni di piante nelle 14 città metropolitane (ndr Milano, Torino, Genova, Venezia, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Bari, Reggio Calabria, Palermo, Catania, Messina, Cagliari). Sono in via di definizione proprio in questi giorni gli accordi con undici amministrazioni per il raggiungimento dell'obiettivo annuale di oltre 1,6 milioni di alberi a dimora nel 2022".

mille miliardi di alberi

L'impegno di Fratin è cinque volte maggiore rispetto a quello del suo predecessore, Roberto Cingolani, che, in linea con il Pnrr e nell'ambito del cosiddetto Decreto Clima, aveva avviato nel biennio 2020-2021 la piantumazione di circa 300 mila alberi, sempre nelle aree delle 14 città metropolitane.

La scelta di partire da contesti urbani densamente popolati non è casuale; non solo si stima che nel 2050 sette persone su dieci vivranno in città ma è in qui che si formano le "isole di calore". Con questa espressione si identifica il fenomeno secondo cui le città, in conseguenza del maggior consumo di suolo rispetto ad altri contesti urbani, presentano temperature dell'aria, sia diurne che notturne, superiori anche di 12°C rispetto ad aree naturali circostanti. Per questo è dalle metropoli che si deve partire.

Secondo i dati riportati da Lina Fusaro, ricercatrice dell'Istituto per la Bioeconomia del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ibe), piantare alberi in città serve innanzitutto perché le chiome degli alberi garantiscono un confort termico che deriva sia dal diretto ombreggiamento delle superfici artificiali, sia dal processo di traspirazione. Attraverso l'evaporazione idrica dalle chiome si abbassa la temperatura dell'aria, mitigando, in parte, l'uso dei condizionatori.

La Fusaro però avverte: piantare alberi senza una pianificazione che tenga conto anche delle loro esigenze potrebbe essere controproducente. Una pianta è un essere vivente a tutti gli effetti che ha dei bisogni da soddisfare e tempi di adattamento da rispettare, non la soluzione già pronta al problema più grande che la specie umana sta affrontando: "Procedere solo nella direzione della messa a dimora di milioni di alberi non sembra una strategia completa ed efficace se tutte le altre dinamiche di sviluppo rimangono invariate".

Recentemente diversi report, anche italiani, hanno sottolineato l'importanza di integrare nei processi decisionali dello sviluppo urbano e del Paese in generale, le informazioni sullo stato di conservazione del "Capitale Naturale". A tale proposito, Il dott. Cecil Konijnendijk van den Bosch, insegnante di silvicoltura dell'Università della British Columbia di Vancouver, ha sintetizzato una guida per la riforestazione urbana, chiamata regola del 3-30-300.

  • 3, è il numero di alberi che chiunque viva in città deve riuscire a vedere dalla propria abitazione.
  • 30, la percentuale di chioma arborea da esigere in ogni singolo quartiere, obbiettivo a cui stanno puntando Barcellona, Bristol, Canberra, Seattle e Vancouver.
  • 300 (metri), la distanza massima che dovrebbe esserci tra ogni cittadino e lo spazio verde più vicino.

Verde urbano

Ampliando il discorso, annunciare la piantumazione di migliaia o milioni di alberi in ambito pubblico segue la china "scivolosa" dei progetti di compensazione in ambito privato.

Le aziende più inquinanti del mondo continuano a piantare alberi.

Nel 2020 Chevron ha dichiarato di aver piantato 30 mila alberi in un'area dismessa della Columbia Britannica (Canada) e Gazprom più di 60 mila alberi in Russia. L'anno successivo Total, in collaborazione con Forêt Ressources Management, ha annunciato di voler piantare acacie in una foresta di 40 mila ettari sugli altipiani di Bateké in Congo. E Saudi Aramco, la più grande – e più inquinante - fra tutte le aziende petrolifere, ha presentato il proprio piano per riforestare 5,3 milioni di mangrovie lungo la costa del Golfo Persico.

Iniziative forse lodevoli, ma che troppo spesso servono solo più a fini di brand reputation o greenwashing che di interventi di mitigazione climatica.

Inoltre, più che ripiantare, è necessario smettere di disboscare.

Verde urbano

In un contesto di progetti che, senza la dovuta pianificazione, rischiano di diventare solo uno spreco di denaro e di greenwashing c’è, però, un'iniziativa lodevole, partita nel 2007 "dal basso" e che ora sta iniziando a dare i primi frutti; la Great Green Wall, la Grande Barriera Verde africana.

Great Green Wall

Immaginata come un confine naturale lungo 8000 km che arresti l'avanzata del deserto del Sahara, proteggendo la parte più verde e fertile dell'Africa, il progetto parte dal Senegal per arrivare nel Gibuti.

L'iniziativa coinvolge 22 paesi africani e servirà anche ad unire le popolazioni locali, impattando positivamente a livello sociale, oltre che ambientale.

Great Green Wall

Finora sono stati raccolti circa 8 miliardi di dollari e, sebbene vi siano state delle battute d'arresto, il progetto sta procedendo.

Great Green Wall

La scadenza è fissata per il 2030, quando la Grande Barriera Verde sarà ultimata, divenendo la struttura vivente più grande al mondo.

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48 Commenti
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Pino9012 Dicembre 2022, 08:55 #1
Perché il pezzo non risponde alla domanda del titolo?
ciolla200512 Dicembre 2022, 08:57 #2
La risposta è sì. Ma servono (ancora) degli studi?
Pino9012 Dicembre 2022, 09:23 #3
Originariamente inviato da: ciolla2005
La risposta è sì. Ma servono (ancora) degli studi?


La risposta è che gli alberi in città non servono a niente contro il cambiamento climatico, ma aiutano moltissimo a mantenere il benessere dei cittadini e a ridurre le temperature localizzate. Cioé non servono a una cippa rispetto alle dimensioni del problema "cambiamento climatico", ma aiutano a non schiattare di caldo in estate.

La mia domanda era orientata allo sviluppo del testo di Giulia che arriva a parlare del Great Green Wall in Africa ma non risponde in alcun modo alla domanda posta nel titolo. L'unico indizio che ci lascia è sulla quantità di alberi che dovrebbe essere piantata in assoluto, cioé mille miliardi, e qui vediamo quanto margine di miglioramento ci sia su questo fronte e quanto l'idea delgi "alberi nelle città" sia come svuotare una nave che affonda con un cucchiaino.
Hypergolic12 Dicembre 2022, 09:28 #4
Per combattere il cambiamento climatico in modo serio serve sottrarre la co2 dal ciclo naturale, e gli alberi non lo fanno… quando muoiono e vengono consumati (bruciando o marcendo) il carbonio che hanno tolto dall’atmosfera ci ritorna.
MorgaNet12 Dicembre 2022, 09:39 #5
Originariamente inviato da: Hypergolic
Per combattere il cambiamento climatico in modo serio serve sottrarre la co2 dal ciclo naturale, e gli alberi non lo fanno… quando muoiono e vengono consumati (bruciando o marcendo) il carbonio che hanno tolto dall’atmosfera ci ritorna.


Sicuro che il cambio sia 1:1?
La CO2 prodotta nella decomposizione dell'albero è pari a quella che l'albero ha consumato durante il suo ciclo vitale?
dav1deser12 Dicembre 2022, 09:44 #6
Originariamente inviato da: Hypergolic
Per combattere il cambiamento climatico in modo serio serve sottrarre la co2 dal ciclo naturale, e gli alberi non lo fanno… quando muoiono e vengono consumati (bruciando o marcendo) il carbonio che hanno tolto dall’atmosfera ci ritorna.


Ma se il numero di alberi lo mantieni più alto dell'attuale, hai tolto CO2 dall'atmosfera. Cioè se nel tuo giardino prima avevi un albero, poi ne pianti 9, ora ne hai 10, se non li abbatti o li ripianti ogni volta che ne devi abbattere uno (per usare il legno o perchè muore) avrai sempre 9 alberi in meno di CO2 nell'atmosfera (magari per qualche tempo saranno 7 o 8 in tanto che un paio di alberi li sostituisci, ma sempre meglio di niente).
bonzoxxx12 Dicembre 2022, 09:55 #7
Originariamente inviato da: MorgaNet
Sicuro che il cambio sia 1:1?
La CO2 prodotta nella decomposizione dell'albero è pari a quella che l'albero ha consumato durante il suo ciclo vitale?


Hai perfettamente ragione ma piantare alberi aiuta a prescindere

Originariamente inviato da: MorgaNet
Sicuro che il cambio sia 1:1?
La CO2 prodotta nella decomposizione dell'albero è pari a quella che l'albero ha consumato durante il suo ciclo vitale?


Si, il cambio è abbastanza 1:1.
Il problema della CO2 attuale è che si bruciano idrocarburi dal sottosuolo, se ipoteticamente bruciassimo solo la legna da alberi il bilancio della CO2 sarebbe quasi sostenibile.

Originariamente inviato da: dav1deser
Ma se il numero di alberi lo mantieni più alto dell'attuale, hai tolto CO2 dall'atmosfera. Cioè se nel tuo giardino prima avevi un albero, poi ne pianti 9, ora ne hai 10, se non li abbatti o li ripianti ogni volta che ne devi abbattere uno (per usare il legno o perchè muore) avrai sempre 9 alberi in meno di CO2 nell'atmosfera (magari per qualche tempo saranno 7 o 8 in tanto che un paio di alberi li sostituisci, ma sempre meglio di niente).


Se si usasse la legna come "serbatoio" di CO2 ovvero invece di bruciarla la si usa per costruzioni, oggetti, materiale coibentante ecc ecc a quel punto non si avrebbe rilascio di CO2 in atmosfera quindi si, il discorso ha perfettamente senso secondo me.

Ma si dovrebbe ridurre di molto, al contempo, l'uso di idrocarburi altrimenti servirebbe una quantità di alberi enorme, appunto mille miliardi che sono davvero, davvero tanti.

Qui un simpatico video a riguardo, mostra la quantità di CO2 in atmosfera, dove viene prodotta e come si muove:

https://youtu.be/d8DKty07vOU
Giulia.Favetti12 Dicembre 2022, 09:58 #8
Originariamente inviato da: Pino90
Perché il pezzo non risponde alla domanda del titolo?



Ciao,

in realtà ho risposto nella prima parte: serve (piantare alberi) se si pianifica come, quando e perché.

La Fusaro però avverte: piantare alberi senza una pianificazione che tenga conto anche delle loro esigenze potrebbe essere controproducente. Una pianta è un essere vivente a tutti gli effetti che ha dei bisogni da soddisfare e tempi di adattamento da rispettare, non la soluzione già pronta al problema più grande che la specie umana sta affrontando: "Procedere solo nella direzione della messa a dimora di milioni di alberi non sembra una strategia completa ed efficace se tutte le altre dinamiche di sviluppo rimangono invariate".


Ovviamente non è una critica, se ti sono rimasti dei dubbi il problema è mio che non sono riuscita a rendere il testo sufficientemente chiaro.

Quello che volevo trasmettere è questo: gli annunci "altisonanti" che prometto centinaia di nuovi alberi vanno presi con la dovuta diffidenza, perché di alberi ne possiamo piantare anche 10mila al giorno, ma se non pensiamo a farli stare bene non servirà a nulla.
Vale molto di più salvare le foreste esistenti, piuttosto che disboscare l'Amazzonia e piantare 10 tigli in corso Como a Milano e soprattutto si deve uscire dallo schema mentale "sto inquinando, pianto un albero e sono a posto" (a questo proposito si può leggere anche l'articolo sulla CCS, che si ricollega benissimo al discorso).

Cosa c'entra l'Africa?

Il progetto africano l'ho inserito per più motivi, principalmente perché è un progetto immenso, che coinvolge Paesi e popolazioni molto diverse fra loro e, soprattutto, che è stato - ed è tutt'ora - gestito e pianificato bene.

Nonostante le difficoltà incontrate in itinere, l'iniziativa va' avanti ed era un modo per dimostrare cosa può fare la pianificazione sensata di uno spazio verde (ricollegandomi al discorso di apertura dell'articolo).

Spero di aver risolto i tuoi dubbi; se hai altre domande, scrivimi pure.
giovanbattista12 Dicembre 2022, 10:09 #9
Originariamente inviato da: Hypergolic
Per combattere il cambiamento climatico in modo serio serve sottrarre la co2 dal ciclo naturale, e gli alberi non lo fanno… quando muoiono e vengono consumati (bruciando o marcendo) il carbonio che hanno tolto dall’atmosfera ci ritorna.


e se ci faccio "un tavolo" una volta che muore dimmi tu cosa ritorna, nulla
fabius2112 Dicembre 2022, 10:20 #10
La CO2 prodotta dall'uso del legname fà parte del ciclo della vita, mentre quello prodotta da combustibii fossili è il vero problema, perchè è CO2 che la terra aveva deciso di togliere dalla circolazione.
Almeno così lessi in qualche report/ricerca.

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