L'elettrico minaccia l'industria nostrana? L'italiana Mavel diventa fornitore di NIO
di Massimiliano Zocchi pubblicata il 10 Agosto 2023, alle 14:33 nel canale Auto ElettricheNonostante si gridi ai quattro venti che l'avvento dell'elettrico sia distruttivo per l'industria europea, arriva l'ennesima azienda italiana che ne trae profitto
Il dibattito è aperto e costante: l'avvento della mobilità elettrica danneggia l'industria "tradizionale"? Molti sarebbero pronti a giurare di sì, eppure sono già diversi i casi di aziende che dalle auto elettriche stanno traendo profitto, crescita e forti investimenti, con conseguenti posti di lavoro in più.
L'ultimo caso è quello dell'italiana Mavel Powertrains che, come il nome suggerisce, si occupa di motori, elettrici ovviamente. Già in affari con nomi importanti come Aston Martin, McLaren, Ducati e Energica, Mavel ha appena chiuso positivamente un round di finanziamento, guidato da NIO Capital, il ramo che si occupa di investimenti della casa automobilistica cinese NIO.
Mavel è stata fondata nel 1999 da un team di manager con esperienza ventennale nel settore automotive, avendo lavorato per JLR, Mercedes, BMW, ed anche per le cinesi SAIC e BAIC. Sono diversi gli OEM internazionali che hanno potuto sfruttare la qualità dei suoi motori elettrici ad alta velocità e alta densità di potenza.
NIO ha specificato che Mavel sarà fornitore dell'azionamento elettrico, ovvero motore, controller e trasmissione, per la sua piattaforma di nuova generazione. In particolare NIO cita anche diversi brevetti, che pongono il prodotto di Mavel ai vertici mondiali, soprattutto per quello che riguarda efficienza e densità di potenza, ovvero la capacità di erogare alte potenze in spazio e peso contenuti.
Il dibattito sulla questione resterà sicuramente aperto, ma pare che i prodotti di qualità possano trovare spazio anche in un mercato nuovo, nonostante lo strapotere delle aziende asiatiche.
68 Commenti
Gli autori dei commenti, e non la redazione, sono responsabili dei contenuti da loro inseriti - infoIl mercato fa quello che fa sempre, evolve e si trasforma... chi riesce a stare al passo con il cambiamento, sopravvive o prospera. Chi non ce la fa, o non vuole farlo, chiude.
Detto questo vedremo alla fine della transizione i posti di lavoro come saranno messi… se l’interesse dell’articolo era di parlare dei posti di lavoro guadagnati e persi una piccola realtà non fa la differenza con i suoi 120 dipendenti.
Chiaramente non per tutte, perchè ci sono millemila componenti comuni a prescindere dalla motorizzazione, però è una realtà.
E spiace dirlo, ma la singola azienda da 150 dipendenti sul cucuzzolo delle alpi valdostane non rappresenta nulla rispetto alle migliaia di aziende che lavorano nell'automotive.
Solo nella mia zona in pochi Kmq ci saranno più di 100 aziende che fanno di tutto per l'automotive, dallo stampaggio di minuterie per gli interni alla componentistica per i motori, per la trasmissione, per qualsiasi cosa...
Altro aspetto che spiace ma dobbiamo essere realisti, il design, la ricerca, l'innovazione, tutto bellissimo e indispensabile... ma siamo realisti, sono cose impiegano relativamente poche persone, e la massa lavoro del nostro paese è composta in gran parte da tanta gente con bassa specializzazione, affiancata a un più ristretto gruppo ad alta specializzazione tecnica votata alla produzione (si pensi alla produzione meccanica e metallurgica specializzata su prodotti di altissima qualità.
Non è pensabile trasformare magicamente una massa infinita di persone a bassa specializzazione impiegate nella produzione in una elite di progettisti e di ricercatori. E che ci piaccia o no la produzione attuale dell'automotive da lavoro a questa massa infinita, anche una piccola contrazione nella domanda provocherebbe una catastrofe lavorativa e sociale di proporzioni immani.
Qui non è questione di "circolare col cavallo come nell'800" (perchè so benissimo che arriverà il troll di turno a tirar fuori questa obiezione come al solito...) ma di cercare di preservare quel minimo di benessere e lavoro che rimane al nostro paese.
Chiaramente non per tutte, perchè ci sono millemila componenti comuni a prescindere dalla motorizzazione, però è una realtà.
E spiace dirlo, ma la singola azienda da 150 dipendenti sul cucuzzolo delle alpi valdostane non rappresenta nulla rispetto alle migliaia di aziende che lavorano nell'automotive.
Solo nella mia zona in pochi Kmq ci saranno più di 100 aziende che fanno di tutto per l'automotive, dallo stampaggio di minuterie per gli interni alla componentistica per i motori, per la trasmissione, per qualsiasi cosa...
Altro aspetto che spiace ma dobbiamo essere realisti, il design, la ricerca, l'innovazione, tutto bellissimo e indispensabile... ma siamo realisti, sono cose impiegano relativamente poche persone, e la massa lavoro del nostro paese è composta in gran parte da tanta gente con bassa specializzazione, affiancata a un più ristretto gruppo ad alta specializzazione tecnica votata alla produzione (si pensi alla produzione meccanica e metallurgica specializzata su prodotti di altissima qualità.
Non è pensabile trasformare magicamente una massa infinita di persone a bassa specializzazione impiegate nella produzione in una elite di progettisti e di ricercatori. E che ci piaccia o no la produzione attuale dell'automotive da lavoro a questa massa infinita, anche una piccola contrazione nella domanda provocherebbe una catastrofe lavorativa e sociale di proporzioni immani.
Qui non è questione di "circolare col cavallo come nell'800" (perchè so benissimo che arriverà il troll di turno a tirar fuori questa obiezione come al solito...) ma di cercare di preservare quel minimo di benessere e lavoro che rimane al nostro paese.
e quindi che voi fare? facciamo scavare buche per poi riempirle alla gente poco specializzata? in primis da italiano consiglierei di investire pesantemente nel turismo e nell'arte. mi sembra, poi magari sbaglio, non riusciamo a valorizzare il nostro territorio. detto questo, lato industriale, dobbiamo anticipare il futuro e non vivere nel passato sperano il mondo ci capisca. ad ogni modo tra IA, robot umanoidi e stampe 3d prevedo nel mondo crollerà a picco la richiesta di lavoro (e non solo di manodopera). la società (mondiale e non solo italiana) dovrebbe muoversi in anticipo per gestire al meglio il tutto
Chiaramente non per tutte, perchè ci sono millemila componenti comuni a prescindere dalla motorizzazione, però è una realtà.
E spiace dirlo, ma la singola azienda da 150 dipendenti sul cucuzzolo delle alpi valdostane non rappresenta nulla rispetto alle migliaia di aziende che lavorano nell'automotive.
Solo nella mia zona in pochi Kmq ci saranno più di 100 aziende che fanno di tutto per l'automotive, dallo stampaggio di minuterie per gli interni alla componentistica per i motori, per la trasmissione, per qualsiasi cosa...
Altro aspetto che spiace ma dobbiamo essere realisti, il design, la ricerca, l'innovazione, tutto bellissimo e indispensabile... ma siamo realisti, sono cose impiegano relativamente poche persone, e la massa lavoro del nostro paese è composta in gran parte da tanta gente con bassa specializzazione, affiancata a un più ristretto gruppo ad alta specializzazione tecnica votata alla produzione (si pensi alla produzione meccanica e metallurgica specializzata su prodotti di altissima qualità.
Non è pensabile trasformare magicamente una massa infinita di persone a bassa specializzazione impiegate nella produzione in una elite di progettisti e di ricercatori. E che ci piaccia o no la produzione attuale dell'automotive da lavoro a questa massa infinita, anche una piccola contrazione nella domanda provocherebbe una catastrofe lavorativa e sociale di proporzioni immani.
Qui non è questione di "circolare col cavallo come nell'800" (perchè so benissimo che arriverà il troll di turno a tirar fuori questa obiezione come al solito...) ma di cercare di preservare quel minimo di benessere e lavoro che rimane al nostro paese.
Nel momento in cui scegli di vivere in un mondo globalizzato, allora devi cercare di stare al passo con il resto.
Altrimenti fai come fa la Corea del Nord, chiudi tutto, e resti cristallizzato all'anno della chiusura.
Il mercato fa quello che fa sempre, evolve e si trasforma... chi riesce a stare al passo con il cambiamento, sopravvive o prospera. Chi non ce la fa, o non vuole farlo, chiude.
Fosse per il mercato l'auto elettrica non esisterebbe. Sono gli stati che manipolano il mercato e fanno in modo che l'auto elettrica divenga obbligatoria.
Tutto sta a vedere che accade se l'Africa divesse, come sembra, ribellarsi ai soprusi occidentali. In quel caso gli approvvigionamenti di materie prime per le batterie potrebbero porre dei problemi
Questa è una leggenda metropolitana. L'auto elettrica non è obbligatoria da nessuna parte, semplicemente è un prodotto migliore (parlo di alcuni brand, non tutti) rispetto all'auto a combustione. E infatti vende sempre più, nonostante l'assenza di paventati obblighi.
La meterie prime per le batterie si trovano in tutto il mondo, non solo in Africa. È praticamente impossibile che verranno a mancare.
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