Giro di vite contro il greenwashing: pubblicata la pagella climatica delle aziende più grandi del mondo

di pubblicata il , alle 15:12 nel canale Mercato Giro di vite contro il greenwashing: pubblicata la pagella climatica delle aziende più grandi del mondo

Food&beverage, hi-tech e informatica, automotive e trasporti navali, moda: l'ultimo rapporto del NewClimate Institute e Carbon Market Watch pubblicato traccia una linea netta fra impegni concreti e greenwashing delle principali aziende dei più importanti settori merciologici

 

La nuova indagine del NewClimate Institute e Carbon Market Watch - un documento di 177 pagine che potete leggere e scaricare a questo link - ha preso in esame 24 delle aziende più famose e conosciute al mondo - le cui emissioni, sommate, sono pari a circa 2,2 Gt CO2 l'anno, e che contribuiscono al 4% dei gas serra mondiali -, bocciandone 2 su 3.

Greenwashing

Il quadro che ne emerge è di messaggi pubblici volutamente fumosi, uso ambiguo delle compensazioni e azioni che, se pure non vadano esattamente nella direzione contraria, non si avvicinano nemmeno lontanamente a raggiungere gli obbiettivi annunciati.

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"Tutte le 24 aziende che abbiamo valutato si sono impegnate a raggiungere la neutralità carbonica, riducendo le emissioni e/o compensandole, ma in generale la qualità di tali impegni rimane scarsa. Solo 5 società si stanno concretamente impegnando a tagliare di almeno il 90% le proprie emissioni entro le rispettive deadline: H&M Group, Holcim, Stellantis, Maersk e Thyssenkrupp. Dall'altra parte, la strategia intrapresa da 17 compagnie risulta invece inadeguata, mancante di impegni espliciti atti a ridurre la propria impronta carbonica", si legge nel rapporto.

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Partendo dai due estremi, le peggiori sono Pepsico e American Airlines, con impegni climatici quasi impossibili da valutare.

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Le migliori: il Gruppo Stellantis, H&M, Apple e Maersk, che sta dando il buon esempio anche nella conversione dalla mobilità navale tradizionale a quella sostenibile.

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Nel 2021 Maersk ha infatti ordinato 8 navi portacontainer oceaniche alimentate con metanolo, alla Hyundai Heavy Industries (HHI); la prima flotta è prevista per il primo trimestre del 2024.

Inoltre, la controllata Maersk Supply Service, sta lanciando Stillstrom, una nuova sussidiaria dedicata allo sviluppo di boe per la ricarica elettrica offshore. L'energia incamerata servirebbe per tutte le operazioni a bordo, permettendo di spegnere i motori endotermici e, nel caso delle navi ibride, fornirebbe anche la propulsione per le manovre in prossimità della terraferma.

Per saperne di più, potete leggere l'articolo dedicato.

Poco meglio fanno Samsung, Walmart e il colosso della carne JBS, con piani ben poco solidi e un taglio reale delle emissioni inferiore al 10%.

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Le strategie climatiche di Carrefour, Amazon e Nestlé, a detta dell'Ente, sono poco concrete, con riduzioni reali alla CO2 comprese tra il 15 e il 20%.

Non va meglio l'automotive, con Volkswagen e Mercedes-Benz che, seppur instradate lungo la via della mobilità elettrica, stanno tagliando le proprie emissioni solo fino al 30%, con poca chiarezza nelle strategie messe in atto.

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"La rapida accelerazione degli impegni delle aziende in materia di clima, unita alla frammentazione degli approcci, fa sì che sia più difficile che mai distinguere tra una vera leadership climatica e un greenwashing privo di fondamento", scrivono gli autori.

"A ciò si aggiunge una generale mancanza di supervisione normativa a livello internazionale, nazionale e settoriale".

L'analisi condotta dal NewClimate Institute e Carbon Market Watch è estremamente dettagliata e non tralascia nessun aspetto, andando – letteralmente – a mettere a nudo le scelte delle aziende e a scoprire la polvere sotto il tappeto.

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"Complessivamente, riteniamo che le strategie climatiche di 15 delle 24 aziende siano di integrità bassa o molto bassa. Abbiamo scoperto che la maggior parte delle società non rappresentano esempi di buone pratiche di leadership climatica. I loro impegni reali in materia di cambiamento climatico non corrispondono a ciò che i loro annunciati obbiettivi potrebbero suggerire... Le loro azioni volte alla riduzione delle emissioni sono interamente insufficiente per allinearsi con traiettorie di decarbonizzazione compatibili con 1,5°C; inoltre obiettivi e potenziali piani di compensazione rimangono ambigui… Le aziende con impegni di decarbonizzazione credibili, che intraprendono azioni proattive e innovative per ridurre le emissioni di gas serra, ci sono, ma questi esempi di buone pratiche rappresentano una minoranza", si legge nella pagina introduttiva del rapporto.

10 Commenti
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TorettoMilano14 Febbraio 2023, 15:20 #1
Le migliori: il Gruppo Stellantis, H&M, Apple e Maersk, che sta anche dando il buon esempio anche nella conversione dalla mobilità navale tradizionale a quella sostenibile.


condivido questa parte così da animare un pò il thread
RM1014 Febbraio 2023, 15:59 #2
In realtà anche questa è una forma di greenwashing, dunque sarebbe errato far passare questo studio come un giro di vite sul greenwashing in generale, che ha un'accezione particolarmente ampia; lo è in realtà limitatamente all'analisi di uno specifico tipo d'inquinamento in relazione a quanto dichiarato dalle aziende stesse. Ampiamente non sufficiente per poter definire questo studio una vera lotta al greenwashing.

Il giorno che si valuterà l'impatto di un'azienda a 360 gradi e non solo la famosa "impronta del carbonio", allora parleremo di qualcosa di serio e davvero utile alla tutela degli equilibri naturali, qualcosa che vada davvero ad affrontare il greenwashing.

D'altra parte l'istituto che ha elaborato questo studio ha come punto focale primario proprio la valutazione dell'impatto di un'azienda a livello di emissioni in atmosfera, senza però occuparsi molto del resto.
Phopho14 Febbraio 2023, 16:52 #3
Originariamente inviato da: RM10
In realtà anche questa è una forma di greenwashing, dunque sarebbe errato far passare questo studio come un giro di vite sul greenwashing in generale, che ha un'accezione particolarmente ampia; lo è in realtà limitatamente all'analisi di uno specifico tipo d'inquinamento in relazione a quanto dichiarato dalle aziende stesse. Ampiamente non sufficiente per poter definire questo studio una vera lotta al greenwashing.

Il giorno che si valuterà l'impatto di un'azienda a 360 gradi e non solo la famosa "impronta del carbonio", allora parleremo di qualcosa di serio e davvero utile alla tutela degli equilibri naturali, qualcosa che vada davvero ad affrontare il greenwashing.

D'altra parte l'istituto che ha elaborato questo studio ha come punto focale primario proprio la valutazione dell'impatto di un'azienda a livello di emissioni in atmosfera, senza però occuparsi molto del resto.


un giro di vite spanata, quindi.
ossia che non serve a una ceppa.
Giulia.Favetti14 Febbraio 2023, 16:56 #4
@RM10,

ti invito a leggerti tutto lo studio.


RM1014 Febbraio 2023, 17:24 #5
Originariamente inviato da: Giulia.Favetti
@RM10,

ti invito a leggerti tutto lo studio.


Lo studio ho già avuto modo di affrontarlo perché già lo conoscevo, mi era stato già segnalato. Io invece ti invito a riflettere su alcuni quesiti che se affrontati fanno la differenza fra studio dell'impatto reale e approccio limitato.

Per esempio, sul resto dell'inquinamento atmosferico, impatto di ossidi di azoto? Particolato? Fanno dei controlli su questi aspetti o conta solo il famoso net zero del carbonio? Nel senso, si va al di là dello studio delle emissioni che non sia unicamente finalizzato al cosidetto "impatto climatico"?

Andando oltre. C'è una misurazione approfondita dell'impatto sui suoli, anche dei fornitori? Come inquinamento chimico, prodotti tossici, infiltrazioni, scarichi, interramento, RAAE, metalli pesanti, idrocarburi? Viene citato il consumo di suolo, ma quasi sempre e solo in funzione della sua capacità di assorbire e fissare il carbonio. Benissimo, ma non basta: ci sono tutti gli altri aspetti da valutare, che non sono affatto secondari (anzi oserei dire che hanno la priorità.

C'è una scelta e una selezione delle metarie prime in base a precise garanzie offerte dai fornitori sull'inquinamento dei suoli nei processi di estrazione, lavorazione, riciclo?

Inquinamento delle falde acquifere: Le attività di scarico dell'azienda e dei fornitori seguono precisi e attenti protocolli? Vengono verificati?

Inquinamento acustico: c'è attenzione nel controllo di ultrasuoni e infrasuoni, di decibel emessi, in relazione alla posizione fisica dell'azienda rispetto ad aree tutelate o tutelabili?

Inquinamento luminoso: c'è attenzione alle insegne proprio come quantità di luce emessa e nella direzione in cui è emessa, non quindi solo come valutazione del mero consumo di elettricità da fonti più o meno rinnovabili?

Inquinamento elettromagnetico: Esempio onde, cablaggio laddove possibile al posto del wireless, etc., queste cose vengono valutate con attenzione?

Utilizzo razionale delle risorse? C'è cura ad esempio nella valutazione della durata del ciclo di vita, dell'obsolescenza? C'è attenzione nel tipo di materiali impiegato? Si parla di ciclo di vita sempre e solo finalizzato all'impronta del carbonio, ma quasi niente su tutti gli altri aspetti correlati.

Ancora, frammentazione degli habitat: viene valutata? L'ubicazione degli impianti produttivi e le vie d'accesso garantiscono il corretto funzionamento dei corridoi ecologici? Si valuta anche qui praticamente solo l'habitat in funzione dell'assorbimento del carbonio. E il resto?

Questi sono solo alcuni spunti, ma ci sarebbe molto altro da dire. Alla luce di queste cose, c'è nei portatori d'interesse capacità di distinzione di cosa è un problema reale per l'ambiente e cosa invece è un problema in realtà soprattutto per l'economia e l'immagine? Tutte queste cose non sono secondarie nella famosa "emergenza ambientale". La sottovalutazione delle varie problematiche ambientali in favore e in funzione di un singolo aspetto è solo frutto dell'ideologia ecologista. La neutralità del carbonio è una piccola parte di un problema molto più grande e con aspetti persino più urgenti.
Notturnia14 Febbraio 2023, 18:02 #6
oddio.. anche qua passano queste cose
sarà che realizzo questi documenti da molti anni ormai e quindi so cosa c'è dentro.. ma veramente ci voleva uno studio per capire quando fuffa ci sia in queste dichiarazioni pubbliche delle aziende ?
Informative14 Febbraio 2023, 18:05 #7
Originariamente inviato da: RM10
Lo studio ho già avuto modo di affrontarlo perché già lo conoscevo, mi era stato già segnalato. Io invece ti invito a riflettere su alcuni quesiti che se affrontati fanno la differenza fra studio dell'impatto reale e approccio limitato.

Per esempio, sul resto dell'inquinamento atmosferico, impatto di ossidi di azoto? Particolato? Fanno dei controlli su questi aspetti o conta solo il famoso net zero del carbonio? Nel senso, si va al di là dello studio delle emissioni che non sia unicamente finalizzato al cosidetto "impatto climatico"?

Andando oltre. C'è una misurazione approfondita dell'impatto sui suoli, anche dei fornitori? Come inquinamento chimico, prodotti tossici, infiltrazioni, scarichi, interramento, RAAE, metalli pesanti, idrocarburi? Viene citato il consumo di suolo, ma quasi sempre e solo in funzione della sua capacità di assorbire e fissare il carbonio. Benissimo, ma non basta: ci sono tutti gli altri aspetti da valutare, che non sono affatto secondari (anzi oserei dire che hanno la priorità.

C'è una scelta e una selezione delle metarie prime in base a precise garanzie offerte dai fornitori sull'inquinamento dei suoli nei processi di estrazione, lavorazione, riciclo?

Inquinamento delle falde acquifere: Le attività di scarico dell'azienda e dei fornitori seguono precisi e attenti protocolli? Vengono verificati?

Inquinamento acustico: c'è attenzione nel controllo di ultrasuoni e infrasuoni, di decibel emessi, in relazione alla posizione fisica dell'azienda rispetto ad aree tutelate o tutelabili?

Inquinamento luminoso: c'è attenzione alle insegne proprio come quantità di luce emessa e nella direzione in cui è emessa, non quindi solo come valutazione del mero consumo di elettricità da fonti più o meno rinnovabili?

Inquinamento elettromagnetico: Esempio onde, cablaggio laddove possibile al posto del wireless, etc., queste cose vengono valutate con attenzione?

Utilizzo razionale delle risorse? C'è cura ad esempio nella valutazione della durata del ciclo di vita, dell'obsolescenza? C'è attenzione nel tipo di materiali impiegato? Si parla di ciclo di vita sempre e solo finalizzato all'impronta del carbonio, ma quasi niente su tutti gli altri aspetti correlati.

Ancora, frammentazione degli habitat: viene valutata? L'ubicazione degli impianti produttivi e le vie d'accesso garantiscono il corretto funzionamento dei corridoi ecologici? Si valuta anche qui praticamente solo l'habitat in funzione dell'assorbimento del carbonio. E il resto?

Questi sono solo alcuni spunti, ma ci sarebbe molto altro da dire. Alla luce di queste cose, c'è nei portatori d'interesse capacità di distinzione di cosa è un problema reale per l'ambiente e cosa invece è un problema in realtà soprattutto per l'economia e l'immagine? Tutte queste cose non sono secondarie nella famosa "emergenza ambientale". La sottovalutazione delle varie problematiche ambientali in favore e in funzione di un singolo aspetto è solo frutto dell'ideologia ecologista. La neutralità del carbonio è una piccola parte di un problema molto più grande e con aspetti persino più urgenti.


Condivido: le solite carbonisterie semplificatorie grullambientalaro-bait con in genere altro dietro, ovvero controllo politico.
Già solo l'espressione "neutralità carbonica" è esilarante: tonnellate di cipiglio istituzionale di stocazzo per infiocchettare propositi molto meno benefici. Sembra una qualche mossa di qualche robottone anime anni 90 "abbiamo rilevato un consumo di 1 kwh superiore alla media quest'anno, che facciamo" "scusateci adesso sistemiam.." "No tardi NEUTRALITA' CARBONICAAAAAAAAH" boooom
Giulia.Favetti14 Febbraio 2023, 19:37 #8
@RM10

Scusami, ma non capisco dove tu voglia arrivare.

E' come se in una discussione volta a evidenziare che i panda sono a rischio di estinzione tu te ne saltassi su dicendo "E le orchidee? Qualcuno pensa alle orchidee rare?"

Belle le orchidee, ma cosa c'entra?

L'ente si chiama " NewClimate Institute e Carbon Market Watch"

Carbon Market Watch.

Secondo te di cosa dovrebbe occuparsi?

Fra l'altro nessuno ha mai sostenuto che l'unico problema al mondo sia la CO2 - risolto questo siamo a posto - nessuno, e ad esempio, il tema dell'inquinamento luminoso è talmente sentito che ogni anno si decide di spegnere le luci, per sensibilizzare l'opinione pubblica a riguardo.

Vale tanto, vale poco, ma non mi risulta capiti lo stesso con nessun'altra delle problematiche che tu hai evidenziato.

Il tuo commento e le tue osservazioni in un primo momento possono sembrare ponderate e intelligenti, ma non lo sono.

E' più l'evoluzione dell'evergreen "I problemi veri/le vere priorità sono altri/e"

Come se ognuno di noi fosse mono-funzionale, quindi se si segue una determinata tematica, o si fa una determinata cosa, basta, finito.

Abbiamo esaurito la nostra capacità di fare altro, quindi dobbiamo scegliere con cura su cosa ci concentriamo, perché possiamo prendere un'unica decisione.

Anche no.

Se sei così attento/preoccupato, perché non redigi tu un documento su:

"C'è una misurazione approfondita dell'impatto sui suoli, anche dei fornitori? Come inquinamento chimico, prodotti tossici, infiltrazioni, scarichi, interramento, RAAE, metalli pesanti, idrocarburi? Viene citato il consumo di suolo, ma quasi sempre e solo in funzione della sua capacità di assorbire e fissare il carbonio. Benissimo, ma non basta: ci sono tutti gli altri aspetti da valutare, che non sono affatto secondari (anzi oserei dire che hanno la priorità.

C'è una scelta e una selezione delle metarie prime in base a precise garanzie offerte dai fornitori sull'inquinamento dei suoli nei processi di estrazione, lavorazione, riciclo?

Inquinamento delle falde acquifere: Le attività di scarico dell'azienda e dei fornitori seguono precisi e attenti protocolli? Vengono verificati?

Inquinamento acustico: c'è attenzione nel controllo di ultrasuoni e infrasuoni, di decibel emessi, in relazione alla posizione fisica dell'azienda rispetto ad aree tutelate o tutelabili?

Inquinamento luminoso: c'è attenzione alle insegne proprio come quantità di luce emessa e nella direzione in cui è emessa, non quindi solo come valutazione del mero consumo di elettricità da fonti più o meno rinnovabili?

Inquinamento elettromagnetico: Esempio onde, cablaggio laddove possibile al posto del wireless, etc., queste cose vengono valutate con attenzione?

Utilizzo razionale delle risorse? C'è cura ad esempio nella valutazione della durata del ciclo di vita, dell'obsolescenza? C'è attenzione nel tipo di materiali impiegato? Si parla di ciclo di vita sempre e solo finalizzato all'impronta del carbonio, ma quasi niente su tutti gli altri aspetti correlati.

Ancora, frammentazione degli habitat: viene valutata? L'ubicazione degli impianti produttivi e le vie d'accesso garantiscono il corretto funzionamento dei corridoi ecologici? Si valuta anche qui praticamente solo l'habitat in funzione dell'assorbimento del carbonio. E il resto?"

(Ah fra l'altro, Greenpeace annualmente pubblica lo stato dell'arte degli habitat terrestri, fluviali e marini, indagando quanto è stato disboscato, quanto bruciato, quanto piantato e così via...)

O perché non scrivi una lettera aperta a Tim, Fastweb, Vodafone, Wind, Tre, e compagnia danzante per chiedere come e quanto impattano le loro reti wireless?

Ovviamente è solo un suggerimento, ma magari porterebbe questa conversazione a un livello più alto dell'attuale.



blackshard14 Febbraio 2023, 21:09 #9
"Giulia Wins!", a mani basse
RM1014 Febbraio 2023, 21:35 #10
Originariamente inviato da: Giulia.Favetti
@RM10

Scusami, ma non capisco dove tu voglia arrivare.

[...]L'ente si chiama " NewClimate Institute e Carbon Market Watch"

Carbon Market Watch.

Secondo te di cosa dovrebbe occuparsi?


Lo dico senza alcuna polemica, ma in realtà credevo di essere stato abbastanza chiaro nel mio primo post. Non ce l'ho contro lo studio in sé, che viene da un istituto che come avevo detto anch'io

ha come punto focale primario proprio la valutazione dell'impatto di un'azienda a livello di emissioni in atmosfera, senza però occuparsi molto del resto


ma mi riferivo al fatto che

anche questa è una forma di greenwashing, dunque sarebbe errato far passare questo studio come un giro di vite sul greenwashing in generale, che ha un'accezione particolarmente ampia; lo è in realtà limitatamente all'analisi di uno specifico tipo d'inquinamento in relazione a quanto dichiarato dalle aziende stesse. Ampiamente non sufficiente per poter definire questo studio una vera lotta al greenwashing.


Ossia, ce l'avevo con l'attribuzione a questo studio della definizione di "fare un giro di vite sul greenwashing". In questo senso, non è all'altezza di una simile definizione. Per esserlo, dovrebbe considerare anche i restanti punti (e anche altri ancora per la verità. La discussione era nata semplicemente da questo punto.

Originariamente inviato da: Giulia.Favetti
Il tuo commento e le tue osservazioni in un primo momento possono sembrare ponderate e intelligenti, ma non lo sono.

E' più l'evoluzione dell'evergreen "I problemi veri/le vere priorità sono altri/e"

Come se ognuno di noi fosse mono-funzionale, quindi se si segue una determinata tematica, o si fa una determinata cosa, basta, finito.


Se eleviamo questo studio, che è limitato a un singolo aspetto, al livello di "giro di vite sul greenwashing", allora è inevitabile che mi senta invitato a presentare le mie obiezioni. Ho già spiegato qual è il problema insito in questo approccio: dando troppo peso alla questione climatica, si perde di vista tutto il resto. Che ci sia una frenesia climatica negli ultimi anni presso una parte dell'opinione pubblica (e presso le aziende che le stanno dietro, nonché presso una parte degli studiosi) è un fatto evidente e anche innegabile; ma questa frenesia che pone su un piedistallo un fenomeno (di cui non conosciamo appieno neppure tutte le reali cause profonde) a scapito del resto (giacché è esattamente ciò che spesso si sta facendo) porterà a fare danni forse anche più gravi. Perché è ciò che sta succedendo, come ho cercato di spiegare anche in passato. Vorrei che non mi si attribuisse un pensiero qualunquista, dato che in realtà sto segnalando che si sta ipertrofizzando un fenomeno a scapito del resto.

Originariamente inviato da: Giulia.Favetti
Ovviamente è solo un suggerimento, ma magari porterebbe questa conversazione a un livello più alto dell'attuale.


Stiamo affrontando qua una tematica di tutto rispetto, dove si parla di impatti e di valutazioni; dal mio punto di vista lo sto cercando di fare da una prospettiva non ideologica, ma meramente basata sulle conoscenze acquisite nel corso degli anni, poiché sulle questioni non di mia pertinenza professionale (scienze della natura in generale, scienze della Terra, astronomia) solitamente non ci metto il becco. Se ti riferisci invece ai commenti di altri, io sono responsabile dei commenti che scrivo io, non di quelli degli altri.

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